Haiti chiama L’Aquila. Il destino comune di due terre lontane e la solidarietà senza confini
Durante le feste ho trascorso con la mia famiglia due giorni in Abruzzo e pensando ad Haiti, ho sentito il desiderio di visitare L'Aquila, che avevo letto stava lentamente rinascendo dopo il terremoto di aprile 2009. Sono passati 7 anni e a me, che non c’ero mai stata, è sembrato che il terremoto ci sia stato l'anno scorso... Il centro storico, che deve essere stato bellissimo, è disabitato (mi è stato detto che su 15mila abitazioni, vi abitano solo 30 famiglie), di notte era spettrale, con qualche luce gialla a illuminare il cantiere dei palazzi in ristrutturazione, tanti altri edifici transennati, puntellati, cinghiati per la messa in sicurezza; in giro per la città, tante gru ma anche strade buie e case sventrate, voragini ciò che resta di edifici che sono stati abbattuti. Giovani pieni di voglia di fare pensano che ci vorranno altri 10 anni per rimettere a posto la loro città…
Vedere questa bellezza sfigurata, con segni profondi di distruzione, e il paragone con Haiti distrutta un anno dopo da un terremoto molto più forte, con difficoltà enormi dal punto di vista politico e sociale, nella crescente disattenzione dal mondo…è stato un colpo al cuore.
In cerca di un segno di speranza sono andata a vedere da fuori la Casa famiglia facente capo all’Istituto del Sacro Cuore delle Suore Zelatrici che a L’Aquila grazie al sostegno di KPMG, la Fondazione Francesca Rava ha aiutato a rinascere. Essendo sotto le feste e una visita last minute non ho osato suonare, ma dai cancelli mi è apparsa un’oasi di ordine, di vita ripresa, in contrapposizione anche ai resti di quelle che un tempo erano case, ora solo muri mezzi scaricati, che tuttora si trovano dall’altra parte della strada.
Un altro ricordo molto bello, qualcosa che ho visto per caso. Un orafo artigiano il sig Cavallo, uno dei pochissimi negozi ancora aperti nel centro storico, in un palazzo che ha la parziale agibilità, ha donato nel 2010 all’Ospedale Saint Damien 10mila euro, proventi della vendita di un gioiello da lui ideato su ispirazione del Rosone della Basilica di Collemaggio. Mi ha raccontato che avendo vissuto un anno prima la distruzione e l’emergenza, aveva voluto aiutare "l'isola gemella" di Haiti colpita dopo l'Aquila da una tragedia ancor più devastante.
Una stupenda solidarietà senza confini, incoraggiamento per continuare a lavorare in modo concreto e efficace insieme, per fare la differenza! Silvia
Canale - 12-01-2016 - Segnala a un amico