Elena, Jacopo e Simone al ritorno dal Campus in Bolivia raccontano i festeggiamenti di fine anno nella Casa NPH
Elena della Fondazione ha accompagnato un piccolo gruppo di volontari partiti per il Campus di volontariato invernale nella Casa N.P.H. in Bolivia:
"Insieme a Rosalba, Jacopo e Simone, volontari del campus, ho avuto la fortuna di festeggiare l'inizio del 2016 nella Casa NPH in Bolivia.
La serata iniziata con la cena offerta dai Padrini e donatori italiani, a base di salsiccia e carne alla griglia, patatine, riso e yucca: i bambini e i ragazzi continuavano a ringraziarci per questo vero proprio cenone, molto speciale per loro e anche molto abbondante rispetto ai loro standard (per abitudini culturali mangiano poco a cena, perchè il pasto principale il pranzo!) infatti alcuni dei pi piccoli non sono neanche riusciti a finire il loro piatto tanto erano pieni!!
Subito dopo cena iniziata la vera festa: nel comedor (la grande mensa dove avvengono tutte le attività) la musica a palla faceva ballare i più piccolini insieme a noi e i più grandi insieme alle fidanzatine (o aspiranti tali eheh), mentre tutto intorno i cosidetti "mediani", quelli che sono troppo grandi per essere presi in braccio, ma troppo piccoli per interessarsi al lato sentimentale delle amicizie, facevano scoppiare petardi controllati dai Tios e dai direttori dai mille occhi!!
Non essendo un amante di balli e petardi, aspettando la mezzanotte, io ho intrattenuto un gruppetto con la magia del light writing: bastata una macchina fotografica su un cavalletto e una piccola torcia per estasiarli e dare sfogo alla loro fantasia con i giochi di luci: decine le foto scattate, ma anche le domande per scoprire i trucchi e i segreti di questo nuovo gioco così affascinante!
Poi finalmente il countdown e il momento che tutti aspettavano con il naso all'insù... i fuochi d'artificio! I piccoli che prima correvano da una parte all'altra inseguiti dai volontari, di colpo sono immobili impressionati dal cielo stellato ora pieno di colori...e i grandi che si scambiano lunghi abbracci tra di loro e con i tios... per poi cercarci uno a uno, strigerci forte e guardandoci negli occhi dirci seri, emozionati e pieni di speranza "Feliz Ano Nuevo. Que lo pases bien!!".
Ecco, per questo una fortuna poter passare le feste in una Casa NPH: al di la della gioia che può dare lo stare in mezzo a tanti bambini e adolescenti allegri e felici di stare insieme, c'è questa sincerità nei gesti e nelle parole... per nessuno una frase fatta, ma un augurio sincero, quasi a ringraziarti di essere lì anche te, lontano dalla tua casa, per festeggiare insieme a loro... quando ti dicono buon anno, ti augurano davvero tutto il bene di questo mondo...e sicuramente uno dei migliori modi per iniziare l'anno!"
Elena
Jacopo, 20 anni di Monza, stato volontario in Bolivia con il fratello Simone, 15 anni:
"Si è appena conclusa la fantastica esperienza del Campus in Bolivia, 9 giorni ricchi di emozioni forti e di ricordi che mi rimarranno sicuramente impressi nel cuore per sempre.
Quando ho deciso di intraprendere questo viaggio non avevo ben chiaro a che cosa sarei andato incontro, si trattava più che altro di curiosità, di voglia di vedere un posto nuovo, di passare in qualche modo le vacanze invernali divertendomi e allo stesso tempo facendo qualcosa di utile e di fare un'esperienza nuova, condividendola con mio fratello Simone. Sicuramente non mi sarei mai aspettato di trovare quel che ho trovato e di piangere al momento della partenza.
La casa di NPH Bolivia sorge in mezzo a una vasta distesa verdeggiante, nei pressi del piccolissimo paese di San Ignacio, a 40 minuti circa dalla cittadina di Montero e a meno di due ore da Santa Cruz della Sierra, capoluogo del dipartimento in cui si trova la casa.
Appena arrivato sono rimasto subito colpito dalla struttura: non me la aspettavo così bella e ben curata. Gli spazi sono grandissimi, le case dove vivono i ragazzi sono tutte nuove e ben pulite e ho percepito subito una condizione di benessere che mi ha molto sollevato.
Quello che più mi ha colpito sono stati però i ragazzi, che sono stati un po' il senso di tutto il nostro viaggio. Avendo visitato la casa nel periodo in cui i "ninos" trascorrono le loro vacanze estive, abbiamo avuto modo di essere a contatto con loro praticamente per tutto il corso della nostra permanenza nella casa.
Le giornate sono trascorse infatti impegnando solo una minima parte ad aiutare in cucina (soprattutto pelando verdura per il pranzo), ma tutto si ridotto a non più di 4 mattine. Il resto del tempo lo abbiamo dedicato a stare con i ragazzi, cercando di conoscerli quasi tutti e alternando quindi momenti di gioco con i più piccoli ad altri, con i più grandi.
La casa accoglie circa 120 pequenos fra maschi e femmine, di tutte le fasce di età, dai neonati ai ragazzi di 20 anni, che ormai vanno in università.
Per quanto riguarda il rapporto con i più piccoli, si trattato prevalentemente di giocare con loro nei modi più diversi, come faremmo d'altronde con qualsiasi bambino: dal prenderli in groppa, al disegnare, al fare aeroplani di carta o a leggere fiabe per bambini.
I piccoli sono tutti allegri e vivacissimi e la loro semplicità e genuinità è stata sempre contagiosa. La sera, dopo essere stato a contatto con i loro sorrisi, ho colto spesso l'importanza della casa, che offre loro il diritto che tutti dovrebbero avere di avere un'infanzia serena, in questo luogo che davvero per loro una grande famiglia.
Passando ai ragazzi via via più grandi, le cose diventano un po' diverse. Ho avuto modo di conoscerne alcuni semplicemente chiacchierando con loro di temi molto comuni, come si fa quando si conosce una persona per la prima volta e si cerca poi di costruirci una relazione.
Dalle loro parole sono emerse personalità molto diverse. I ragazzi sono quasi tutti amanti dello sport, soprattutto calcio e pallavolo.
In alcuni di loro emerge maggiormente la gratitudine che hanno nei confronti della casa e la consapevolezza del fatto che siano forniti loro tutti gli strumenti per potersi costruire una vita più che dignitosa. Ho conosciuto alcuni ragazzi e ragazze molto determinati a fare l'università, pieni di voglia di studiare, di impegnarsi a fondo e di iniziare a costruirsi poco a poco una vita propria.
Sono rimasto particolarmente colpito da un ragazzo di 18 anni, che ha terminato il secondo grado e che, avendo scelto di rimanere in NPH, sta ora facendo il suo anno di servizio. Si tratta di un anno che i ragazzi che decidono di dedicare alla Casa come ringraziamento prima di accedere all'università e che dedicano ad aiutare concretamente all'interno della casa. Questo ragazzo lavora con impegno e dedizione e spesso mi è sembrato un vero e proprio fratello maggiore, se non addirittura padre, nei confronti dei ragazzi più piccoli, di cui si occupa trattandoli sempre con grande amore. E' ora deciso più che mai a studiare medicina, con l'idea di aiutare i più deboli e tutti coloro che soffrono. A lui auguro davvero tutta la felicità."
Jacopo
Simone, 15 anni:
"10 giorni pieni di emozioni ed esperienze indimenticabili. La permanenza stata breve, ma indubbiamente ci ha lasciato molto. Non stato difficile prendere la decisione di partire, ero pienamente convinto di quello che stavo per fare ma non mi sarei mai aspettato di vivere un viaggio cos intenso. Arrivati a destinazione ci siamo diretti alla sala da pranzo della casa, dove i bambini erano gi in fila nell' attesa di entrare.
Avevo alcuni timori riguardo il primo approccio e mi rimuginavano in mente diverse domande: come saremo stai accolti? Come possiamo aiutare questi bambini? Come dobbiamo comportarci con loro?
Prima di cominciare un'esperienza del genere sei indubbiamente portato ad avere alcune incertezze. Fortunatamente tutti i piccoli timori si sono risolti dopo neanche un giorno di permanenza nella casa.
Non appena ci siamo seduti ai tavoli della mensa, siamo stati accolti con un insolito saluto che mi ha lasciato lasciato particolarmente spiazzato: "hola tio". Con questa semplice frase, i bambini ci hanno accolto nella loro grande famiglia e nella loro vita, senza nessun' pregiudizio, e con una semplicità ed un umiltà incredibile. Questa frase mi ha fatto riflettere molto sulle situazioni di razzismo presenti ancora oggi nel nostro paese. Per i bambini eravamo persone estranee e diverse ma senza alcun pregiudizio o diffidenza subito siamo stati accolti.
Il concetto di "grande famiglia", infatti, molto forte all' interno della casa. Tutti i bambini si conoscono, sono amici fra di loro e si aiutano nei momenti del bisogno. La maggior parte dei ragazzi più grandi hanno un istinto paterno e materno molto forte nei confronti dei loro "piccoli fratelli" e si vede quanto gli vogliano bene e se ne prendano cura, Nuestros Pequeos Hermanos dà chiaramente questa idea di famiglia. I bambini hanno imparato a vivere fra di loro come veri fratelli, ed anche noi al di fuori della casa dobbiamo sentirci comunque parte della famiglia, sentire vicine queste situazioni che spesso ci sembrano quasi surreali, ma che possono fare riflettere molto.
Per quanto riguarda l'aiuto che abbiamo potuto dare noi ai bambini, credo che si stato importante il tempo che abbiamo dedicato a stare con loro, a sentire ci che volevano raccontare, e raccontargli ci che desideravano scoprire, e molto semplicemente esserci. Sono tutti bambini provenienti da storie difficili, bambini a cui stata negata un infanzia normale e questo indubbiamente si percepisce nel estremo bisogno e ricerca di affetto mostrati da parte loro. Con modalità differenti infatti tutti i bambini cercavano sempre un legame, un forte contatto fisico, quell' affetto di cui hanno bisogno in quanto bambini.
Tuttavia incredibile come nonostante le dure esperienze che hanno sofferto, il clima che si percepisce all'interno della casa di gioia e serenità. Anche dopo i duri colpi ricevuti dalla vita hanno ancora il coraggio di sorriderle. Questo mi ha lasciato molto da cui apprendere: spesso ci arrabbiamo, ci scoraggiamo, incasiniamo la nostra vita per piccolissime e insignificanti sciocchezze che non hanno nessun rilievo davvero significativo. Viviamo delle vite talmente perfette, in cui abbiamo tutto ciò che serve realmente che ci dimentichiamo di quali siano i veri problemi della vita.
Forse ai bambini abbiamo lasciato qualche sorriso, qualche ricordo e un po' di cultura sul nostro paese così differente dal loro (dal quale sono molto affascinati), ma sicuramente non abbiamo dato nulla in confronto a ciò che loro hanno insegnato a noi.
Non è stato difficile trovare un modo per relazionarsi con i bambini perchè più che mai ho sentito di potere essere completamente me stesso. Mi sono accorto di quanto spesso nelle relazioni sociali che intratteniamo siamo portati ad indossare una maschera e siamo già predisposti all'avvio del rapporto basandoci su sovrastrutture radicate nella nostra modalit relazionale.
Nella relazione con i bambini invece ho riscoperto una grande umanità, un rapporto in cui l'importante la persona, ciò che è e che può dare.
Per concludere, credo sia un'esperienza indimenticabile, che porta inevitabilmente a riflettere intensamente e a cambiare, almeno un po', mentalità.
Anche dal punto di vista emotivo ha dato molto, il legame che si creato con i bambini stato forte e salutarli l'ultimo giorno estremamente duro. Dopo due settimane nella casa conoscevamo molti bambini per nome, parlavamo e giocavamo a lungo e anche per noi sono diventati come piccoli fratelli. Infatti ho voluto diventare padrino a distanza di un bambino della casa a cui mi sono affezionato particolarmente in modo da mantenere con loro un contatto e poter ancora condividere insieme un pezzettino di vita.
In Bolivia ho lasciato una parte del mio cuore e spero un giorno di potere tornare e apprendere ancora molte delle cose che questi straordinari ragazzi possono insegnarci."
Simone
"Sono entrata nella casa N.P.H. Bolivia da madrina e sono ritornata a casa mia da Tìa!
Ci sono entrata col pensiero molto tempo fa, nel 2006, attraverso le lettere e le foto della Fondazione Francesca Rava e quelle del mio figlioccio; ci sono entrata fisicamente il 27 dicembre scorso... in punta di piedi, per non invadere la quotidianità di tutti quei ragazzi.
Beh, loro mi hanno subito coinvolta in quella quotidianità, palesando lo spirito principe del loro modo di
crescere insieme: la condivisione! Del tempo, delle esperienze, delle cose...
E ciascuno di noi volontari, col proprio carico di vita vissuta, ha imparato quanto sia gratificante anteporre a sè lo star bene¯ di chi ti sta accanto.
Per questo motivo, nonostante le piccole/grandi sofferenze che ognuno si porta dentro, i sorrisi e gli abbracci quotidiani (di quelli che durano un'eternità, stretti stretti, senza parole) sono stati l'energia che ha
dato un senso ancora più profondo alla mia volontà di madrina: quei ragazzi sono il buon futuro possibile della Bolivia perchè, con l'esempio dei tios che li accompagnano nella crescita, con l'educazione e la salute
che viene loro garantita nella casa NPH, ottengono la possibilità di essere cittadini corretti, sensibili e incisivi da adulti, rigettando l'amarezza di quella "non vita"¯ di cui sono stati testimoni prima di diventare Nuestros Pequenos Hermanos¯.
Grazie alla Fondazione Francesca Rava e....coraggio, partite! Un Campus da volontario fa bene a tutti!"
Rosalba
Canale Notizie - 08-01-2016 - Segnala a un amico