La toccante testimonianza di Giangiacomo, volontario nell'Emergenza Lampedusa e parte del team 5
"Mi sono congedato dalla Marina Militare nel 2001, sbarcando da Nave Magnaghi dove sono stato per 12 mesi il medico di bordo. Ho sempre ricordato con affetto quel periodo trascorso in Nave, anche a distanza di molti anni. Quando la Fondazione Francesca Rava (con cui avevo collaborato in precedenza recandomi ad Haiti nel 2010, appena dopo il devastante terremoto che sconquassò l’isola e nel 2011 durante l’emergenza dell’epidemia di colera) ha chiesto la collaborazione di medici e infermieri volontari per partecipare all’operazione Mare Nostrum non ho avuto dubbi né esitazioni. Ritornare a bordo, per giunta di un mostro sacro come Nave San Marco, per portare aiuto e soccorso ai profughi dopo la tragedia dell’ottobre del 2013 era sicuramente uno stimolo forte per impiegare i miei giorni di ferie in modo costruttivo.
Il 12 dicembre, insieme a Piero, anestesista di Trieste, ho preso un volo con destinazione Catania, dove abbiamo atteso l’arrivo di Remo, infermiere di Cuneo, specializzato in emergenze soprattutto pediatriche ma non solo. Il team numero 5 inviato dalla Fondazione era quasi al completo; a bordo ci aspettava Anna, ostetrica con alle spalle alcuni mesi di esperienza ad Haiti, già imbarcata a bordo del San Marco da alcune settimane.
(...) Nemmeno il tempo di capire il da farsi e ci siamo subito catapultati nella realtà che ci attendeva: era stato avvistato un barcone in precarie condizioni di galleggiamento con circa 250 persone a bordo (inizialmente ne erano state stimate meno, ma molte erano situate in una intercapedine del personale sanitario della nave, continuati fino allo sbarco a Lampedusa, avvenuto il mattino successivo).
Rendersi conto, ancora una volta, e sempre all’improvviso, della fortuna che ognuno di noi possiede. Vedere imbarcare intere famiglie, con bambini piccoli, e pensare a quale futuro li attende, e ai nostri figli a casa. Certo, non più la probabilità del 50% di sopravvivere al mare, come prospettato prima di partire ad una coppia di siriani, bibliotecaria lei, ex steward in aeroporto lui, che stanno fuggendo da agosto, prima in Egitto, poi in Libano, ancora in Egitto ed infine in
Libia, dopo enormi impedimenti e traversie, ed infine, il mare…
Una famiglia proveniente dalla Siria, tra tante storie. Quattro bambine, verosimilmente tra i due e i sei — sette anni. Nessun bagaglio, un’unica concessione: la bambola per la bimba più piccola; per vederla sorridere anche le sorelline hanno rinunciato a portare qualcosa di loro, e la piccola che con un guanto di lattice gonfiato a mo’ di palloncino giocava a dare il latte alla sua bambola, salvata anche lei dal naufragio. E Mario, esperto infermiere di bordo, che faceva ridere questi bambini con prestigi e giochi di magia.
Ogni vita, una storia. Ogni storia, la speranza di una vita nuova!
(...) Abbiamo navigato, nei giorni successivi, avanti e indietro nella zona assegnata a Nave San Marco per il pattugliamento. Abbiamo soccorso poi un gommone con 98 persone, tutte in giovane età, tutti uomini, provenienti dal Mali, dal Gambia, dal Senegal e dalla Sierra Leone.Domenica mattina, quasi l’alba. L’elicottero ci aspetta per riportarci a Catania. Nave San Marco è diretta a Taranto, per alcuni giorni di sosta, prima di ripartire nuovamente a pattugliare il mare. Ma Nave San Marco non è un ammasso di diesel, rumori, odori e lamiere; è un incredibile insieme di uomini che stanno dedicando la loro vita a soccorrere in mare chi cerca con ogni respiro una nuova chance di vita."
Giangiacomo Nicolini
Canale Notizie - 19-12-2013 - Segnala a un amico