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Lampedusa, notizie dal secondo team di volontari della Fondazione Francesca Rava dalla Nave San Marco, recuperati altri 179 profughi

 

Dalla Nave San Marco giungono le ultimissime notizie da parte del secondo team di volontari salito a bordo nei giorni scorsi.

Questa seconda squadra è composta da Luisa, ostetrica dall’ospedale Buzzi di Milano, già stata in Haiti per emergenza terremoto, Luca, medico di pronto soccorso da Olbia, Terry, infermiera di rianimazione dall'Ospedale S. Raffaele, anche lei veterana di Haiti e da Giorgio, mediatore culturale che aveva fatto parte già del primo team.

 

Queste le loro prime testimonianze:

"Erano le 3 del mattino e viaggiavano su un barcone trainato da una nave madre (quella degli scafisti) che li ha sganciati e si è data alla fuga. La nave è stata bloccata prontamente da una delle fregate della Marina Militare che ha sparato un cosiddetto "Warning Shot" (colpo di avvertimento) davanti alla prua e, dopo un inseguimento movimentato, li ha abbordati  e presi in consegna.

I naufraghi sono 179 e tutti siriani; poche donne, di cui due gravide ma senza particolari problemi. Un paio di bimbi diversamente abili  (uno che non deambula) e un uomo diabetico sotto insulina.

Abbiamo effettuato due visite ginecologiche alle gravide e utilizzato  il cardiotocografo. Nessuna patologia importante per ora ma il viaggio sarà lungo...

Li abbiamo presi appena in tempo perché il tempo si guasterà già da questa sera  per culminare domani con mare forza 8."

Luca, Luisa, Terry, Giorgio

 

"A volte è difficile raccontare un'esperienza e vorresti lasciare la parola solo ad immagini, vorresti che fossero proprio loro....donne, uomini e bambini, dire attraverso i loro occhi, i loro giochi, la loro fatica, la loro gioia di essere arrivati vivi, attraverso i loro "sciukran" (grazie)non so quante volte l 'ho sentito in questi giorni.

Scappati dalla guerra, dalla miseria, non perdono la fiducia nella vita. Che belle queste donne gravide, questi figli che potevano nascere in mare, sotto le stelle senza la cometa che indicava la strada ai pastori ma con una lampara che indicava la direzione alla San Marco o ad altri guardiani del mare.

Quanti momenti simili alla vita dei bimbi di Haiti, momenti molto più brevi, meno continuativi (a bordo rimangono 24-72 ore) ma indimenticabili.

Una bimba mi viene a cercare, mi chiama e mi regala un braccialetto che lei stessa inventa con un filo di naylon e delle perline e ad Haiti quanti bimbi intrecciavano braccialetti con fili scrivendo il tuo nome. Quante volte ti prendono per mano e ti chiedono di giocare, ad Haiti saltavano direttamente in braccio!

Una grande differenza comunque c'è.... queste bimbe/i si addormentano cullati da mamma e papà, con una ninna nanna che ti prende il cuore, con una gambina sul papà, e il visino sulla mamma.... sdraiati per terra. Ad Haiti ho visto tanti bambini senza mamma e papà con coccole e carezze dal personale dell’Ospedale pediatrico NPH S. Damien e da volontari della Fondazione Francesca Rava. Loro non faranno il viaggio della speranza attraversando deserti e mare ma sicuramente il viaggio della vita attraversando solitudine, tristezza e mancanza d'affetto. Gli uni arrivano da lontano con tutta la loro vita racchiusa in un sacchetto, per salvarla; gli altri aspettano un sacchetto con l'amore di chi li adotta a distanza."

Luisa

 

Luisa, ostetrica all’ospedale Buzzi di Milano

 

 

Anche Giorgio, parte del primo e del secondo team, ha inviato la sua testimonianza:

"Sono tante le cose che non avevo messo in conto quando ho accettato di partecipare a questa Missione quasi un mese fa… e non avrei mai pensato di restare in mare per ben tre turni salutando gia per due volte gli amici delle squadre che si sono alternate qui a bordo.

 

La mia età, non più verdeggiante, il mio passato da ufficiale nei Carabinieri durante gli scellerati anni di piombo e la mia esperienza di soccorritore del 118 a bordo delle ambulanze della Misericordia di Arese, avevano fatto sì che maturasse in me la convinzione di essere un “duro”… “Mare Nostrum? Vi serve un soccorritore che parli bene l’arabo? Un turno di 12 giorni ? No problem …quando potrei partire? Ieri!”

 

Se si tratta di soccorrere qualcuno non mi tiro certo indietro… e poi… cosa vuoi che sia?... per me sono pazienti e basta… Pazienti come tutti gli altri…Poi come in un film una serie di fotogrammi sfocati…l’aeroporto, il porto di Augusta, l’imbarco gli alloggi minuscoli ma essenziali, il mare, l’attesa, momenti di allegria con gli altri volontari,con gli uomini della nave, il cappellano, il medico di bordo…..e poi…

Eccoli: sono le 4 del mattino e arrivano a bordo tremanti, occhi sbarrati, smarriti, esitanti… entrano con i nostri marò direttamente nel ventre della nave nel bacino allagabile della Nave San Marco che offre un ormeggio sicuro anche in mare aperto; alcuni sui nostri gommoni, altri, tanti, sui mezzi da sbarco….

 

Le prime sono le donne incinte con gli abiti bagnati, il viso pallido, le mani sul pancione come a voler proteggere le loro creature; insieme a loro i bambini stretti forte alle loro mamme; alcuni non trovano la mamma perché nella foga del l’azione è stata imbarcata su un altro gommone e si guardano intorno disperati senza la forza di piangere….Questi non sono pazienti e basta questi non sono pazienti come tutti gli altri… c’è qualcosa …qualcosa che non riesco proprio a gestire così facilmente…la maggior parte di loro, specialmente i bambini, è affetta da disidratazione e da ipotermia come del resto c’era da aspettarsi e iniziamo a distribuire le “metalline” (le coperte termiche: sono dei fogli di materiale plastico che assomigliano tanto alla carta con cui si incartano le uova di pasqua); e l’impulso irrefrenabile è quello di abbracciarli forte e scaldarli con il calore del mio corpo e ho gli occhi umidi (ma che mi succede?). I bimbi mi davano la mano e mi seguivano fiduciosi e le mamme vedendo quella scena nonostante la situazione drammatica, si lasciavano sfuggire qualche sorriso… poi sbarcavano gli uomini, centinaia…venivano effettuate le formalità dell’identificazione da parte della polizia di stato, venivano riunite le famiglie e si iniziava tutti insieme l’ultima parte della loro avventura il rientro verso le nostre coste.

La nostra missione non è ancora finita e finora ho assistito a questi avvenimenti per ben tre volte… e ogni volta ho provato lo stesso impulso irrefrenabile.. stringerli a me come se fossero i miei bambini… non riesco proprio ad abituarmi e ringrazio il cielo per questo …Una volta passato il momento concitato dell’arrivo, il triage sanitario e la sistemazione a bordo, è iniziata la socializzazione e non ho resistito: Nella mia città faccio il prestigiatore semi amatoriale e ho fatto un paio di magie ai miei nuovi amichetti… l’apoteosi !! per una mezzoretta tutto era dimenticato c’era solo il mago, lo spettacolo, le risate e i sorrisi di approvazione dei genitori che timidamente prima e sempre più entusiasti poi si avvicinavano e ridevano insieme ai loro bimbi… Che pubblico ragazzi !!! Marratain ya aamu marratain (“un’altra volta Zio, un’altra volta!..”) Si: Zio … e tale sono stato fino al momento dei saluti. Ciao Zio, che dio ti protegga “allah yousallimak” … Si, mi vengono i brividi e mi si inumidiscono gli occhi perfino ora mentre cerco di raccogliere questi pochi pensieri disordinati e ripenso a quanto sia stata meravigliosa questa esperienza e… No, non sono un duro !

Giorgio

 

DOVE TI PORTANO I TUOI PASSI? PER COSA BATTE IL TUO CUORE?”

Sono due quesiti che provengono dall’ultimo libro di padre Rick…

Questa volta i miei passi mi hanno portato su una grande nave, dove lo spazio per camminare si riduceva  ad un ponte e ad una serie di strette scale, ma lo spazio per pensare era vasto come il mare che ci circondava…

A differenza di Haiti nell’immediato post terremoto, dove l’attività assistenziale era frenetica e continuativa, sulla S. Marco è stata breve ma intensa.

Le creature che abbiamo accolto erano perse, con il loro vissuto racchiuso in un sacchetto di plastica contenente poche cose avvolte nel celophan: un documento, il Corano, alcune foto.

Erano disarmate ed impaurite…occhi grandi, dilatati che riflettevano la paura della guerra, degli orrori visti e vissuti che li hanno costretti a lasciare la propria terra, la propria casa, gli affetti, la lingua, le tradizioni.

Condotti su di una barca, stretti ai loro figli, per giorni in mare aperto con lo scopo di sopravvivere e di raggiungere un futuro incerto…

Li abbiamo accolti ed accuditi per pochi giorni; armati di sorrisi abbiamo offerto loro oltre all’assistenza sanitaria, pasti caldi e vestiti asciutti, ma soprattutto il calore del nostro cuore che batteva e batte  con la consapevolezza che il bene tra i popoli esiste, c’è: si tratta solo di sforzarzi a diffonderlo per condividerlo!!

Terry

 

 

Terry, infermiera di rianimazione all'Ospedale S. Raffaele di Milano, ha tenuto sulla nave un corso  sulla rianimazione con l'utilizzo del defibrillatore.

 

Il secondo team al completo: Giorgio, Terry, Luisa e Luca

 

La Fondazione Francesca Rava ringrazia Wind per aver immediatamente risposto alla sua richiesta di aiuto a sostegno di questa missione.

 

AIUTACI!

Per informazioni e per donare:

Fondazione Francesca Rava — N.P.H. Italia Onlus,

tel 0254122917, www.nph-italia.org,

c/c bancario IT 39 G 03062 34210 000000760000 –

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causale: emergenza Lampedusa

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