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Gli auguri di Pasqua di Padre Rick attraverso il racconto di Marise e del piccolo Ronel: una storia di amore, morte, resurrezione.

 

La storia inviataci da Padre Rick è un racconto di dolore e di Resurrezione, ma anche di speranza per questa vita terrena. Con il vostro aiuto possiamo offrire ogni giorno cure a migliaia di bambini, restituire dignità a chi l’ha persa, dare conforto a chi si sente solo e perduto.

 

Leggi sotto la versione della storia in lingua originale.

 

Aveva percorso un lungo, faticoso cammino la Mamma di Ronel. Il verdetto era stato: “ il tuo bimbo ha un tumore al rene” ed ella aveva avvertito che si  preparava per lei il “Crucifige”  a cui era stato condannato Gesù. Marise soffriva terribilmente e in cuor suo rifletteva su cosa fare  per il suo bambino. Iniziava per lei la Via della Croce.

 

Ora le lacrime scorrono facili dai nostri occhi di fronte a questa donna forte, “erosa” dal dolore: il suo pianto come rugiada sul suo volto, un velo come un sudario sui suoi occhi. Marise sarebbe rimasta nel nostro ricordo per il suo aspetto disperato.

 

Jeremy è tanto lontano da Port-au Prince, raggiungibile per terra o per acqua; inaccessibile l’aereo ai poveri!

 

La Mamma e il suo bambino percorsero un lungo cammino insieme ad altre povere donne, sorrette dalla speranza che la Capitale avrebbe in qualche modo offerto sollievo alla loro disperazione!

 

È stato per Ronel un viaggio disagevole, il suo corpicino sofferente lungo una strada faticosa: Cristo fu schiaffeggiato e colpito, Ronel sobbalzava sul terreno sconnesso…. Centinaia d’occhi guardavano fissamente il suo pallido e scarno visino.

 

Grazie a Dio  arrivarono alla meta, dove li aspettava l’incontro con il nostro team dei buoni Samaritani dell’Ospedale St. Damien.

Come a Gesù in Croce fu offerta una spugna imbevuta di fiele per alleviare la sua sete, presto l’amaro  fiele della chemioterapia  divenne l’amara dieta di Ronel.

Come Cristo fu colpito dalla spada, il fianco di Ronel fu inciso dal bisturi dei chirurghi per rimuovere il tumore.

Come Cristo agonizzò nella sofferenza per ore nel caldo torrido del giorno, Ronel fu prosciugato dalla violenza delle radiazioni, che avrebbero dovuto distruggere il tumore.

“Grazie di aiutare il mio bambino” diceva sconcertata e affranta Marise.

Dio sia lodato! Ronald sembrava migliorare. Così riprese la via di Jeremy l’ultimo Lazzaro fra gli uomini!

 

Resurrezione!

 

Lunghe, sonnolente giornate scorrevano a Jeremy nella “lakou” della famiglia. Ricordi di giorni soleggiati e tiepide brezze, la nonna che lavora nei campi, con lo sguardo sempre a scrutare il piccolo, il loro bene prezioso adagiato su un’amaca tesa fra due alberi di cocco, che gli offrivano la loro frescura e il loro nettare dissetante.

 

Era di nuovo Paradiso! Marise  rincominciò a ricuperare il suo obolo di vedova, a riprendere le forze con l’aiuto dei suoi amici, dopo che durante quei mesi difficili, di fronte al tragico male, entrambi, la Mamma e il suo bambino, si erano allontanati dal mondo. Il sole nuovamente sorse e tramontò in Jeremy.

Per tanti mesi.

Ronel studiava e lavorava.

Ronel rideva e giocava.

Ronel incominciò a sentirsi stanco.

Ronel inominciò a diventare pallido.

Marise non poteva non  accorgersene.

Come avrebbe potuto?

Di nuovo a Port-au-Prince, guidati dalla speranza.

Di nuovo autobus affollati, di nuovo la Mamma e il suo bambino varcarono i cancelli dell’ Ospedale, di nuovo i buoni Samaritani!

Purtroppo questa volta i loro cuori si strinsero: era troppo tardi, Il male di Ronel era oltre la speranza, Ronel sarebbe morto.

 

Fu allora che io incontrai Ronel: era in agonia. I suoi occhi erano laghi profondi, il suo corpo scheletrico, il suo ventre gonfio. Marise lo cullava nelle sue braccia, tutto il peso di quel piccolo corpo su di lei, il peso della sua malattia sul suo cuore. Era la “Mater Dolorosa”.

“Sia benedetto il ventre che ti ha portato, sia benedetto il seno che ti ha nutrito!”

Cielo e terra erano chiusi in quell’abbraccio, un abbraccio di Amore e di Dolore: Marise e Ronel.

 

Il desiderio era di tornare a Jeremy. Marise sussurrava  a Ronel che avrebbero visto ancora lo splendore del sole, avrebbero sentito ancora la frescura delle brezze e il refrigerio dei rami degli alberi. Marise mi prese in disparte –è Padre Rick che parla – e mi disse che per Ronel il posto migliore per morire sarebbe stata l’amaca della Nonna; tuttavia voleva che capissi quanto apprezzasse tutti i tentativi che avevamo fatto per ridargli la salute. Singhiozzava la poveretta, mentre mi spiegava  che aveva iniziato a risparmiare per comperare una bella camicina, una bara, un pezzo di terra dove seppellire il suo tesoro..

Io le preparai un pacco di medicine, cibo e bevande  e le diedi il denaro per acquistare i biglietti per il ritorno e un contributo per le spese del funerale. Recitammo una breve preghiera insieme e il viaggio di ritorno iniziò.

Marisa aveva deciso – ma io lo seppi solo dopo – di rimanere a Port Leogane fino a notte inoltrata, per poter prendere il bus del mattino. Avrebbe dormito in viaggio, tenendo Ronel fra le sue braccia: voleva a tutti i costo avere un posto sul primo bus in partenza.

E Marise così fece: sedette per terra, appoggiata a un copertone, cullando il suo bimbo. Spossata,  si addormentò. Fu allora che vide in sogno un aquilone librarsi  nella calma azzurra del cielo,  mentre gli uccellini cantavano, i bimbi ridevano e una vecchia donna avvizzita sorrideva e gioiva della scena.

L’aquilone si librò nell’aria, il filo si strappò, l’aquilone volò sempre più in alto, più su, finché scomparve ai suoi occhi nella magia  del chiarore appena luminescente del primo albeggiare.

 

Marise si svegliò. Mancavano due ore all’alba.

Ronel era morto fra le  sue braccia.

“Stabat Mater Dolorosa juxta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius”.

Due ore mancavano all’alba. Due ore per soffrire, meditare, pregare.

Piangere sulla strada come in un pubblico spettacolo.

Il bus non avrebbe accettato il piccolo cadavere, neppure pagando due biglietti!

Marise tornò da noi per la terza volta dopo aver iniziato il suo Cammino della Croce in Jeremy due anni prima. Arrivò da noi a piedi, sempre portando fra le  braccia il suo Ronel senza più vita.

La Sua Via è stata il voler percorrere la nostra via.

Egli nacque in una mangiatoia, su una balla di fieno.

La sua Nascita fu avvertita solo da coloro che lo amavano,

fu avvertita da quelli che lo Spirito definisce Saggi,

che compresero il linguaggio della Stella Cometa.

La Sua Via è stata il voler percorrere la nostra via, illuminandola con il sacrificio e l’eroica testimonianza delle Sue sofferenze, delle sofferenze di tante Madri e tanti sconosciuti;

Egli ha voluto che la Sua Resurrezione fosse l’anticipazione di tante nostre piccole Resurrezioni.

Nella Sua scelta di cedere alla tragedia imminente della Sua morte, tragedia che non poteva dominare,  ha indicato anche a noi la via di riscattare il dolore e  la tragedia con la fermezza, trasformando la sofferenza in guarigione dell’anima.

Con la Sua scelta di essere sepolto in una tomba non Sua e di risorgere inaspettatamente, lasciando solo il sudario che ricopriva il Suo Volto, ha mostrato a tanti, ha indicato a Marise l’immagine dell’aquilone che si librava  verso il Cielo col filo spezzato…….

 

RESURREXIT  SICUT  DIXIT; ALLELUIA!

 

Egli è risuscitato come aveva promesso. Sia lodato Dio!

Voglia Cristo Risorto benedirvi e ricompensarvi a nome di tutti i Ronels e di tutte le Marises che bussano alla nostra porta e sono sorretti dalla vostra generosità!

 

Padre Rick Frechette CP,

Port –au Prince, Haiti

 

A Way of the Cross: the Easter message of Father Rick.

< And like the long, hard walk of Christ, it started with a very bad verdict.

“Crucify him.”

Ronel, at 8 years old, had cancer of his kidney. Marise was tormented, and pondered in her heart what this might mean for her little son. So began her way of the cross.

 

Weeping came easy now, for this strong and weathered woman. Like dewfall on her cheeks, and river mist shrouding her eyes. Marise would become known for this sorrowful look.

 

Jeremy is very far from Port au Prince, by water or by land (travel by air is not a choice for poor people). Mother and Son travelled the long road, with other poor women who also hoped that Port au Prince might bring some kind of relief from their woes.  It was a rough trip for Ronel, like being on a very bad road when your whole body aches with the flu. Christ was buffeted and stricken. Ronel was not without his literal hard knocks.  Hundreds of eyes gawked at his gaunt and pale smile.

 

The journey ended, thank God, by an encounter with our team of good Samaritans at St Damien Hospital.

Help took a rough form. As Christ on the Cross was offered a sponge soaked in gall to quench his thirst, before long the bitter gall of chemotherapy became a staple for Ronel.

As Christ’s side was pierced by the sword, Ronel’s side was lanced by the surgeons spear, for the removal of the tumor.

As Christ anguished for many hours in the heat of the day, Ronel was blasted with the wild energy of radiation to burn the cancer away.

“Thank you for helping my son,” said the bewildered Marise.

God be praised, Ronel seemed better. And so, back to Jeremy went the world’s newest Lazarus.

 

Resurrection!

 

Long, lazy days in the family “lakou” at Jeremy.  New memories  of sunny days and balmy breezes, of grandma working hard in the fields, looking often to see if her precious young treasure was alright, as he lounged on a hammock, held up by two coconut trees, which shaded him and gave him drink.

Paradise regained!

 

As Marise started to recuperate her widows mite, to renew herself with the energy of her friends, both lost during her difficult months away from the marketplace in the face of tragic illness.

The sun rose and the sun set in Jeremy for many months.

Ronel studied and worked, Ronel laughed and played. Ronel began to grow tired, Ronel started to become pale.

Marise could not NOT notice, Try as she might.

Back to Port au Prince, guided by hope.

Battered again in crammed busses, walking through the hospital gates to the same good Samaritans.

But this time their jaws dropped and their hearts tightened. It was too late. Very sadly, Ronel was beyond help and was going to die.

 

This is when I met Ronel. He was in agony.  His eyes were like deep lakes, trying to drink in understanding. His body was skeletal, his belly bloated. Marise held him in her arms, and the weight of his body on hers, and the weight of his illness on her heart were very obvious. She was the sorrowful mother. “Blessed is the womb that bore you and the breasts that nourished you!”

 

Heaven and earth were locked in an embrace, under the names of love and sorrow, under the names of Marise and Ronel. This was holy ground. Fools need not tread here.

 

The wish was to return to Jeremy. Marise was telling Ronel they would go back to the sunshine, to the cool breezes, to grandma and the shade of her trees. She pulled me aside to say that grandma’s hammock was the best place for Ronel to die, though she appreciated what we had done. She sobbed as she explained that if she went to Jeremy now she could start to save for a new shirt for Ronel’s burial, for a coffin to be made, for a grave to be dug.

I packed them some pain medicine. I packed some food and drink, I gave money for the tickets and to help later with the funeral. And they left after  we had a simple prayer together.

Marise had the idea, I discovered later, to be at Portail Leogane late at night, and be first in line for the morning bus. She would sleep in line, on the ground, holding her place, holding Ronel, so as to be sure of a seat on the first bus.

And so she did. She sat on the ground, against a tire, cradled her son, and fell asleep.

Marise slept lightly, but deep enough to dream. She dreamt she was flying a kite, in the calm blue sky with light winds. Birds were singing, children were laughing, an old, wizened women looking on smiled her approval and enjoyment of the scene.

The kite soared, and out-powered the sting.

The string broke, and the kite was lifted by the spirit-wind higher and higher,

And became lost to her eyes in the strength of the brilliant light of the sun.

Marise woke up. Two hours to go until dawn. Ronel was dead in her arms.

Pieta. Stabat mater dolorosa, juxta crucem lacrimosa, dum pendabat filium.

Two hours to wait. Two hours to grieve, to ponder, to pray. To grieve on public display in the streets.

 

Public transport would start up before sunrise, but would not accept a corpse.Even if you paid two seats.

 

Marise made her way to us, for a third time since she began her way of the cross in Jeremy, nearly two years before. She arrived on foot, carrying the lifeless Ronel in her arms. I was preparing for the morning mass as she walked into the chapel, and in wailing and grief, gave me her precious son, for the mass of the Resurrection, and burial.

 

HIS WAY was to walk our way.

 

He was born in a manger, on a bale of hay,

Noticed only by those who loved him

And by those others whom the Holy Word describes  as wise,

Who understood the language of  a rogue star.

HIS WAY was to walk our way,

And brighten it by the heroic witness and sacrifice,

Of mothers and of strangers,

And to quicken the way with many small resurrections

HIS WAY was to surrender to the tragedy he could not control

to conquer it, and ransom its energy, transforming its terror into healing,

HIS WAY was to be buried in a borrowed grave,

and to rise again quietly and unannounced,

leaving only the sign of the folded shroud that had covered his face….

…and when needed, for people like Marise, the sign of the soaring kite with the broken string.

 

RESURREXIT SICUT DIXIT, ALLELUIA!

 

He has risen as he promised. God be praised!

Happy Easter to you!

And may God bless and reward you, for all the Ronels and Marises who come to our doorstep who have bee helped by your generosity!>>

Canale Notizie - 26-03-2013 - Segnala a un amico


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