Campus di volontariato nella Casa NPH Padre Wasson in Nicaragua: le foto e testimonianze del gruppo
Il 30 giugno ha preso il via il secondo dei nostri campus di volontariato estivi nelle Case NPH in America Latina! Le testimonianze dei 20 giovanissimi volontari che accompagnati da Chiara e Laura della Fondazione hanno vissuto per due settimane nella famiglia NPH.
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Maddalena, 15 anni
"Ho sempre amato leggere libri di attualità e già dalla fine delle scuole elementari coltivavo il desiderio di aiutare le persone che hanno più bisogno, conoscere la loro cultura e la loro lingua. Finalmente quest'estate sono riuscita a realizzare il mio sogno partendo per un campus di volontariato in Nicaragua organizzato dalla Fondazione Francesca Rava.
Come per ogni viaggio, all'inizio nascono sempre preoccupazioni che occupano la mente, la mia era lo spagnolo perché avendo la "r" moscia magari avrebbe fatto un po’ ridere! Oltre alla lingua mi turbava anche il modo in cui mi sarei dovuta comportare con i bambini della Casa NPH, il modo in cui avrei dovuto approcciarmi, e partire con degli sconosciuti con i quali, giorno dopo giorno, sono riuscita a costruire un bellissimo rapporto.
Arrivata nella Casa ho capito che non era servito a nulla preoccuparsi, è bastato giocare a pallone con i ragazzi, fare il solletico ai bambini più piccoli, creare gioielli con le ragazze per strappare loro un sorriso. Un sorriso che mi ha rallegrato il cuore.
Non dimenticherò nemmeno un dettaglio di questo magnifico posto e di questa grande compagnia che ora è diventata la mia grande famiglia e occupa parte del mio cuore.
In queste due settimane ho avuto l’occasione di vedere con i miei occhi diverse situazioni in cui vive la popolazione locale, visitando un Basurero, un immenso materasso di rifiuti dove per parecchie ore al giorno molte persone, anche bambini, lavorano dividendo i rifiuti, tutti a rischio di malattie. Ad ognuno di loro abbiamo distribuito dei pacchetti di biscotti ed è stato bello ricevere in cambio sorrisi, abbracci e sentirli raccontare le loro storie.
Un altro giorno abbiamo visitato delle baracche; è stata questa l’opportunità giusta per dare tutti di noi stessi, la nostra voglia di tornare bambini, il nostro affetto e il nostro rispetto. Mi sono divertita con i bambini che vivevano lì e mi ha fatto piacere ricevere in cambio abbracci e sorrisi contagiosi.
Oltre ad avere avuto modo di vedere in prima persona le condizioni in cui vive parte della popolazione nel Paese, ho avuto anche l’opportunità di vedere come vivono ora alcuni bambini accolti nella Casa NPH e usciti da realtà così drammatiche. Nella Casa sono felicissimi, si divertono e tra di loro hanno instaurato rapporti solidi e sinceri.
Ormai considero la casa NPH in Nicaragua una grande famiglia, ogni ragazzo che vive lì possiede un carattere speciale e io ho fatto del mio meglio per imparare molto da ognuno. I miei hermanos non li dimenticherò mai e nemmeno i momenti che ho passato con loro in queste due fantastiche settimane."
Camilla, 18 anni
"Scrivere una testimonianza sulle due settimane appena trascorse in Nicaragua credo sia molto diminutivo rispetto all'esperienza vissuta, ma nonostante ciò spero possa essere di grande aiuto!
Alla partenza ero dubbiosa, non avevo ben chiaro quello che sarebbe stato il mio compito, nè sapevo in che condizioni avrei trovato quella che ora chiamo "famiglia". C'erano delle preoccupazioni: come comportarsi? Come comunicare? Come interagire? Credo di non sbagliarmi se dico però che non ero la sola con queste perplessità: quasi tutto il gruppo era ansioso è affascinato per l'esperienza che stavamo per compiere!
Una volta sul posto tutte le difficoltà che potevamo esserci immaginati sono svanite ed entusiasmo e gioia di aiutare hanno preso il sopravvento!
E' bastato un sorriso o un abbraccio per far felice un bambino, due tiri a pallone per far sorridere i ragazzi più grandi e due orecchie pronte ad ascoltare per tutti!
Insieme a questi momenti di gioia incontestabile però è bene ricordare anche quelli di sofferenza. Abbiamo approfittato di qualche mattinata per visitare il paese ed entrare realmente nella cultura del posto. Credo di poter affermare di aver visto la povertà vera in più di una situazione. Abbiamo visitato un basurero, un immondezzaio vicino al Vulcano Masaya e ammetto senza vergogna di essermi sentita cadere il mondo addosso: decine e decine di persone, da bambini ad adulti (talmente logorati della fatica da sembrare anche 20 anni più vecchi) che attendevano camion dell'immondizia che arrivavano in continuazione, che si accalcavano per smistare la spazzatura, fra cani, mucche e insetti di ogni genere, sotto un caldo afoso e un odore nauseante. Abbiamo avuto modo di parlare con alcuni di loro, gente sposata, donne con figli che studiano all'università, bambini che approfittano delle vacanze scolastiche per aiutare i genitori. È tutta questa fatica per guadagnare, quando va bene, 3 dollari al giorno...
Ci sarebbero molti altri avvenimenti significativi e da raccontare, dai bambini che abbiamo incontrato sulle strade di Granada alle famiglie con cui abbiamo trascorso del tempo in una baraccopoli appena fuori dalla città, ma credo che la profondità di queste esperienze si possa capire solo vivendole in prima persone, i sentimenti provati sono indescrivibili, ma ben ancorati nel cuore di tutti coloro che le hanno sentite sulla propria pelle.
Fortunatamente fra le cose che mi porto via da questa esperienza abbondano quelle gratificanti, e soprattutto la consapevolezza di aver contribuito almeno in una piccolissima parte a far spuntare un sorriso sulla bocca di molti bambini e ragazzi!"
Micol, 16 anni
"È normale che all'inizio di ogni viaggio ci siano paure, timori ed insicurezze. Nel mio caso erano principalmente due.
Nelle esperienze di volontariato c'è un aspetto che deve funzionare bene, di modo che tutto sia positivo: il gruppo. Senza l'unità che vi si crea i momenti più difficili sembrano quasi insormontabili, mentre, invece, quelli più allegri e felici si vivono solo a metà. La mia fortuna in questo caso è stata quella, per l'appunto, di aver instaurato un rapporto speciale con tutti coloro che stavano vivendo il mio stesso percorso. Il gruppo, d'altra parte, è solo uno degli elementi che compongono il viaggio.
Oltre ad esso, infatti, un'altra mia paura prima di partire era quella di non riuscire a integrarmi bene nella famiglia Nph. Vivendo lì per due settimane intere, in realtà, mi sono resa conto che questo legame che si crea risulta naturale, muta, si trasforma e diventa sempre più forte e intenso. Ogni giorno che passava, davvero, mi sono sentita sempre di più parte di una famiglia per tutto l'affetto che ho ricevuto.
Ho capito veramente che non c'è bisogno di avere tutto per essere felici. Ho capito che fare volontariato ti mette tanta tanta allegria. Ho capito che se uno si crede la persona più importante di questo mondo, qui si ridimensiona molto. Perché qui ti rendi conto che il tuo aiuto conta.
Ma ti senti anche davvero impotente.
Mi sono resa conto di cosa voglia dire essere fratelli: il sangue non c'entra assolutamente niente, tutto dipende da quanto sei legato ad una persona."
Luca, 10 anni
"Questo campus nella Casa NPH che molti forse non definirebbero proprio per bambini ti permette di stare a contatto con bambini e ragazzi di età molto varie.Mi chiedo perché il Nicaragua non sia una meta turistica molto ambita: ci sono spiagge enormi, vulcani attivi…per molti la risposta sarebbe: ci sono le malattie, ci sono i ladruncoli!Io pensavo che sarei andato in Nicaragua per donare qualcosa ma mi sbagliavo: i bambini di NPH mi hanno dato qualcosa di molto grande e importante: l’amicizia.Oggi sono stato al basurero, una discarica dove lavorano persone, bambini e ragazzi e ho pensato che anche da noi vediamo persone povere ma questa gente lo è di più, molto di più dei bambini e ragazzi che ci sono nella Casa NPH, tanti dei quali provengono proprio da questa realtà."
Elena, 18 anni
"È difficile trovare parole per spiegare cosa si prova al termine di questa esperienza in Nicaragua, perché molte delle emozioni provate e dei momenti vissuti sono del tutto nuovi a me e a molti altri ed è difficile dar loro forma solo con le parole.
Quello che ho vissuto io insieme al mio gruppo è stato un viaggio straordinario che mi ha aperto gli occhi. Ho imparato tanto da questa esperienza: quanto le piccole cose, come un sorriso o un biscotto, abbiamo un valore significativo e possano cambiarti la giornata, quanto sia importante il lavoro di squadra, a non dare nulla per scontato e ho imparato quanto l'educazione scolastica sia importante e quanto faccia la differenza.
Dopo queste due settimane nella Casa NPH ho tante immagini contrastanti nella testa: da una parte i visi sorridenti dei bimbi mentre insieme giochiamo a palla e dall'altra i visi solcati dai segni della fatica delle persone che abbiamo incontrato al bazurero.
È straordinario come i bambini, i ragazzi e le persone che lavorano lì siano riusciti a farci sentire parte della famiglia, è veramente bellissimo!
Ora posso dire senza alcun dubbio che questa è un'esperienza in cui dai tanto di te stesso ma mai quanto ricevi che è davvero tanto e prezioso, e per questo volevo ringraziare i miei hermanos!
Sara, 14 anni
“L’anno prossimo ritorno” sono state le prime parole che ho detto a mia madre dopo averla rivista alla fine delle due settimane in Nicaragua nella casa NPH.
Quando ho deciso di partire per il campus in Nicaragua ero entusiasta, ma come per ogni nuova esperienza, piano piano che il giorno della partenza si avvicinava i timori e le paure sono iniziate a essere più costanti.
Al nostro arrivo nella Casa NPH si sono formate due nuove “famiglie”: quella tra noi volontari che per due settimane abbiamo vissuto insieme, avendo modo di conoscere bene le abitudini e i caratteri di ognuno (ogni mattina c’erano le persone che si svegliavano prima e quelle dopo e, già alla seconda settimana, avevamo creato le nostre routine!); e quella con i bambini della Casa. Già dal secondo, terzo giorno, quando le timidezze sono svanite e hanno preso il sopravvento la voglia di conoscerci e divertirsi, anche con loro si sono formate mille abitudini, a partire dal pranzo insieme fino al pomeriggio alla “cancha”, il campo da calcio.
In queste due settimane abbiamo vissuto momenti di divertimento e gioia ma abbiamo anche avuto modo di vedere la povertà nel mondo. Abbiamo visitato un basurero (un immondezzaio); avuto modo di vedere quella che era la "casa baracca" di un pequeño ora accolto in casa Padre Wasson; durante la gita nella città di Granada abbiamo casualmente incontrato un pequeño, rimandato dal Governo locale alla sua famiglia e che oggi è tornato a vivere per strada.
In questi tre momenti in particolare ci siamo resi conto di quanto forti siano diventati i legami tra di noi, ma specialmente di quanto siamo fortunati.
Mentre ero lì ho legato molto con una ragazza della mia età che credo che adotterò a distanza per poterla seguire nella sua crescita e per tenerci in contatto.
In futuro vorrei visitare anche altre case NPH però credo che il Nicaragua rimarrà sempre il posto in cui vorrò tornare per vedere come crescono i bambini, per non perderli di vista e per mantenere il fantastico legame formatosi con la mia nuova famiglia."
Sophie, 49 anni
"Durante la mattina affiancavamo lo staff locale della Casa NPH nei lavori quotidiani (cucina, orto, panetteria, tinteggiatura), suddivisi in gruppi. Una mattina, mentre lavoravo nell'orto della Casa, ho chiesto all'agronomo José se anche lui fosse stato un pequeno. La sua risposta mi ha colpito molto: "Magari lo fossi stato, qui in NPH hai una famiglia, una casa, del cibo e un'istruzione…chiunque vorrebbe essere un pequeno!"
Costanza, 14 anni
"Tu non hai idea di come sia stare lì. Sentire quel odore pungente, camminare su un letto di immondizia. Vedere bambini che corrono salutano e si fermano a parlare. Vedere donne che lavorano sole. Sentire storie di uomini che stanno lì dalla mattina alla sera per garantire ai propri figli un futuro. La rabbia che provavo nel vedere la distesa di spreco, nel accorgermi in che mondo vivevo e gli agi che mi erano garantiti. Mi sentivo impotente, volevo cambiare le loro condizioni ma il massimo che potevo fare era dargli confezioni di biscotti per poi ricevere irradianti sorrisi. Non riuscivo a concepire tutto questo.
In quel momento ho realizzato che il mio sogno sarebbe stato l'essere la goccia che avrebbe cambiato la direzione del fiume.
Continuo a credere che sarebbe stato meglio andare indietro, bloccarci in un era dove la disuguaglianza non esistesse, però siamo costretti ad andare avanti e per questo lottare per l'ingiustizia di questi uomini."
Alessandro, 14 anni
"Prima di entrare nella Casa NPH credevo che gli orfanotrofi fossero luoghi dove bambini di tutte le età venisero trascurati e tenuti in spazi limitati, in attesa di trovare un'adozione. Invece, nella Casa NPH in Nicaragua ho trovato una famiglia che mi ha accolto il primo giorno e ci ha fatto compagnia per due settimane. Mi aspettavo dei bambini chiusi, solitari, invece erano tutti disposti a raccontare le loro storie, i loro momenti, sia positivi e negativi. Tutti avevano un sorriso gigante, che dimostra l’amore e l’affetto che ricevono ogni giorno nella Casa; questo l’ho capito quando ho chiesto a un bambino con chi giocava a calcio e mi ha risposto “con tutti, con i miei fratelli”. Non i suoi fratelli di sangue ma tutti i ragazzi accolti nella Casa, gli "hermanos".
Io mi sento e mi sentirò per sempre parte della famiglia NPH e anche i bambini, secondo me, hanno sentito che siamo entrati nella loro famiglia.
L’esperienza in Nicaragua mi ha permesso di uscire dalla mia bolla personale e dalla realtà che vivo ogni giorno a Milano ed entrare in un mondo completamente diverso, ho capito più della vita in due settimane che in tutta la mia vita fin'ora. Ho capito l’importanza del lavoro, della religione, del rispetto e altri valori molto importanti. Ad esempio, lavorare nell’orto mi ha fatto capire quanto lavoro c’è dietro un singolo fagiolo prima di poterlo mangiare.
Il momento più bello è stato quando un bambino a cui mi sono affezionato molto, Samuel di 5 anni, è venuto da me e mi ha abbracciato spontaneamente.
Mi ha fatto molto piacere anche regalare la mia felpa e il mio cappello a un bambino povero della mia stessa età che abbiamo incontrato per le strade di Granada. Il mio più grande rimpianto, invece, è quello di non avere giocato tantissimo con i bambini della baraccopoli perché ero stanco.
Questa esperienza mi fatto capire quanto sono fortunato e spero fortemente di poter tornare il prossimo anno per vedere la crescita dei ragazzi."
Riccardo, 14 anni
Quest’estate ho deciso di essere un volontario della Fondazione Francesca Rava e andare con un gruppo di volontari (molti dei quali della mia stessa età) nella casa Padre Wasson in Nicaragua, costruita e mantenuta da NPH per ospitare le centinaia di bambini/e di tutte le età senza genitori o le cui famiglie non sono in grado di mantenerli economicamente.
Prima di partire non vedevo l’ora che questa esperienza iniziasse sia perché volevo conoscere i ragazzini della Casa e poter aiutare sapendo di fare del bene, sia perchè sono già andato per cinque anni nelle Case NPH in Haiti e in Repubblica Dominicana come volontario e immaginavo cosa avrei trovato.
Appena arrivati mi sono meravigliato della casa: in cinque anni sono riusciti a costruire una casa grandissima curata in ogni singolo dettaglio.
In queste due settimane ho imparato molti nuovi lavori: ho zappato l’orto per 4 ore, separato i sassolini da un quintale di riso (ma un quintale non per modo di
dire!!seriamente!!), dipinto armadietti, pulito la cucina, steso la pasta per fare la pizza per i bambini e tanto altro.
Ovviamente la parte più bella di questa esperienza è stata stare con i bambini e i ragazzi, giocare e chiacchierare con loro per farci raccontare le loro storie, ridere e scherzare insieme.
Questa esperienza mi ha fatto anche capire quanto siamo fortunati noi: un giorno siamo andati a visitare un “basurero”, l'immondezzaio dove la gente vive e lavora giorno e notte in mezzo alla spazzatura sperando di trovare del metallo, plastica o cartone per essere pagati solo 4$ al giorno.
Un'altra gita che abbiamo fatto e che mi ha colpito molto è stata la visita alla casa di un pequeno per vedere dove viveva prima di entrare in NPH e dove ancora la
sua famiglia vive. Qui abbiamo visto e “vissuto” la vera povertà per un’intera mattinata.
Abbiamo avuto modo di fare anche due escursioni di mezza giornata in visita ad alcuni luoghi più turistici del Paese, come Granada e a uno dei vulcani presenti in Nicaragua. A Granada sono rimasto senza parole quando abbiamo incontrato un ragazzino di 13 anni che viveva e mendicava per strada e che ci ha raccontato che anche lui aveva avuto modo di vivere nella casa di NPH ma che, a causa della nuova politica del governo, che vuole che i bambini restino il più possibile nelle proprie famiglie e che non vadano negli orfanotrofi, è stato tolto. Ho preso i biscotti e la maglietta che avevo dentro il mio zaino e glieli ho dati, senza pensarci due volte. Il momento più tenero e commovente di questo incontro è stato quando il ragazzo, rivolgendosi a un membro dello staff NPH che si
trovava con noi a Granada, gli ha detto “io voglio tornare a vivere con voi! Sono intelligente e voglio studiare” (questo mi ha fatto anche capire di quanto siamo fortunati noi che possiamo studiare).
Nella casa ho anche avuto la fortuna di incontrare molti ragazzi e mi sono legato particolarmente ad Enrique, che ha la mia stessa età ed è un ottimo studente,
pittore e calciatore! Ho quindi deciso di adottarlo a distanza perché voglio assolutamente poterlo sostenere e anche mandargli lettere per rimanere in contatto.
Non vedo l’ora di ritornarci l’anno prossimo per vedere tutti i ragazzi e vedere i progressi fatti in un anno!
Amalia, 18 anni
"Hermano: fratello, una parola molto semplice che può significare molto per una persona!
In questo campus di due settimane nella Casa NPH in Nicaragua ho imparato molte cose, come ad esempio cosa significhi realmente lavorare, aver caldo, essere sporchi, sudare e arrivare a fine giornata e sentirsi stanchi a tal punto che l'unica cosa che si vuole fare è dormire.... a letto, su un'amaca o anche semplicemente per terra! La cosa che però più ho capito è il significato della parola fratello e l'importanza che può avere nella vita di ognuno di noi. Non importa il colore della pelle, la forma degli occhi, i capelli differenti, la lingua diversa, il paese o la realtà da cui si viene…la fratellanza non ha barriere: ognuno può essere fratello e sorella di altri e fare parte di una piccola o grande famiglia, come quella di NPH, di cui con orgoglio posso finalmente dire di fare parte.
La sensazione di famiglia l’ho percepita grazie all'accoglienza e l'amore ricevuto dai bambini e da tutte le persone che vivono e lavorano per NPH. Tutto ciò è stato tale da farmi sentire totalmente a mio agio sia con me stessa sia con gli altri, avendo l'impressione di conoscere queste persone da tutta la mia vita.
In questo Campus ho avuto anche l'opportunità di percepire con tutti i miei sensi, la realtà esterna di NPH.
Fuori dalla "casa", povertà e mancata educazione sono la normalità. Vedere bambini e adolescenti per strada e negli immondezzai lavorare mi ha fatto provare molte emozioni: tristezza, pena, rabbia, dolore, ammirazione...
L'ostacolo più difficile è stato accettare questa realtà, che pochi hanno visto con i propri occhi.
I nicaraguenzi hanno apprezzato molto la nostra voglia ed il coraggio di voler conoscere sia la bellezza che soprattutto la povertà di questo paese, povertà troppo spesso ignorata.
Vedere come vive gran parte della popolazione, condizione che ha afflitto anche molti dei miei fratelli e sorelle prima di entrare nella casa NPH, ci ha invogliato maggiormente ad aiutare le persone incontrate, a volte senza sapere da dove cominciare. Molti nuclei vivono in ambienti molto piccoli, antigienici, senza servizi ed acqua potabile. Quello che mi ha colpito di più è stato proprio conoscere una famiglia di 9 persone che vive in una baracca grande quanto la mia stanza da letto. Spesso ci siamo sentiti un po' inutili e fuori luogo, ma abbiamo sempre ricevuto generosi ringraziamenti per i nostri piccoli gesti.
Le tutor della Fondazione Chiara e Laura ci hanno sostenuto molto, specialmente nei momenti in cui la ragione veniva sopraffatta dai sentimenti, aiutandoci ad andare avanti con la nostra missione, "diamoci una mano prendendoci per mano", lo slogan di questo campus che racchiude a pieno l'esperienza che si vive partecipando ai Campus di volontariato.
Contattateci subito per prenotare il vostro posto per i campus di Natale! Per maggiori informazioni e per partecipare: 02.54122917, chiara.delmiglio@nph-italia.org
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Canale Notizie - 15-07-2015 - Segnala a un amico