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Il primo campus di volontariato estivo nella Casa NPH in Repubblica Dominicana. Al ritorno i 17 volontari raccontano...

 

Il 15 giugno ha preso il via il primo dei nostri campus di volontariato estivi nelle Case NPH in America Latina, con il gruppo di 17 volontari partiti per la Repubblica Dominicana.

 

Accompagnati da Mariavittoria e Diego della Fondazione, i volontari sono a Casa Santa Ana.

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Mariavita, 16 anni

"Sono venuta qui per rigenerarmi per tirarmi fuori dalla tristezza che portano le frivolezze, per liberarmi dalla solitudine che portano l’egoismo, la gelosia, la competizione, per non provare paura.  La paura di una vita senza meta, la paura dell’insoddisfazione, della solitudine e delle maschere.

Sapevo che questa esperienza mi avrebbe aiutata ma non mi aspettavo niente di tanto diverso dalla mia realtà quotidiana. Quando sono arrivata sono stata travolta da una raffica di amore e di positività. Sorrisi e abbracci sono diventati la mia scena, il mio pubblico, il mio copione e la mia musica. La gioia il mia unica emozione.

Le risa, gli occhi dei bambini si sono fatti spazio all’interno del mio cuore e mi hanno donato amore e mi hanno garantito che questa è la forza e la ricchezza più grande che si possa avere e che non si deve avere paura di donarlo e tanto meno di riceverlo.

Spero di acquisire un giorno gli occhi dei bambini e di guardare il mondo con semplicità e coraggio. Occhi maestri, con un passato difficile e ingombrante, ma con sogni ancora più grandi.

Quindi ringrazio questi bambini, con i loro occhi,con i loro abbracci e i loro baci, per avermi accolta e per avermi fatta sentire a casa. Li ringrazio per avermi arricchita e avermi mostrato come guardare il mondo da una prospettiva diversa".

Margherita, 20 anni

"Mettere per iscritto le emozioni che provo ora, mentre mi allontano sempre di più dal posto che per due settimane mi ha permesso di provare la felicità, è difficile. Ritornare alla frivolezza della comoda vita che conduciamo lo sarà altrettanto. Perchè da un'esperienza come questa non si può, e non si deve, tornare uguali. Un'esperienza come questa sconvolge, turba, fa provare emozioni sconosciute, permette di guardare il mondo con occhi diversi. Se si ha l'umiltà di ascoltare e mettersi in gioco, un'esperienza così cambia la vita. Anche se sembrano frasi fatte, anche se chiunque non l'abbia provata non può capire appieno quello che là ho vissuto, anche se dopo queste due settimane i difetti e l'egoismo della nostra società ai miei occhi saranno amplificati e sempre più difficili da sorvolare, anche se la mia testa sarà spesso là, a inseguire il mio cuore... anche se, o forse proprio per tutto questo, è ora, al ritorno, che comincia la vera avventura. Perchè il mio natural default setting è cambiato, perchè non sarò più completamente a casa di nuovo, parte del mio cuore sarà sempre lì e questo è il prezzo da pagare per la ricchezza di amare e conoscere persone in più di un posto. Dire grazie a loro può sembrare banale e paradossale, ma niente è più vero. Sono andata là per poter aiutare nel mio piccolo e sono stata aiutata. Ad essere una persona migliore, a ritrovare la semplicità che crescendo si tende a perdere, a superare gli addii e tramutarli in arrivederci, a capire che non è vero che son nata nel posto sbagliato, che, benchè mi senta più vicina alla purezza del loro mondo che all'egoismo del mio, sono nata nel posto giusto proprio perchè è da qua che posso fare qualcosa.

C'è una canzone che può rappresentare questa esperienza, la canzone che abbiamo cantato insieme ad alcuni dei ragazzi di casa Sant'Ana che dice così:

"Sè que las ventanas se pueden abrir

cambiare el aire depende de ti

te ayudarà vale la pena una vez mas.

Saber que se puede, querer que se pueda

quitarse los miedos, sacarlos afuera

pintarse la cara color esperanza

tentar al futuro con el corazon"

 

Laura, 16 anni

"È già la terza volta che visito una casa NPH, gli anni scorsi ero stata in Honduras e poi in Guatemala, e anche quest'anno in Repubblica Dominicana è stata un'esperienza unica. Si va lì con l'intento di aiutare ma una volta arrivati non ci si pensa, si creano rapporti d'amicizia intensa con i bambini, ragazzi e adulti, ci si diverte, si scoprono nuove emozioni, e in tutto questo l'atto di aiutare e fare volontariato viene fatto indirettamente. Ogni volta che visito una casa nph mi viene voglia di tornarci, per donare altri sorrisi a coloro che se li meritano più di ogni altro, per rivedere la maturità, la disponibilità e l'allegria di quei bimbi e ragazzi, nonostante i loro duri passati."

Sofia, 17 anni

"Dal primo istante è stata un’esperienza meravigliosa che ha superato ogni mia aspettativa.

Mi sono sempre sentita in qualche modo diversa dalle persone che mi circondano nella vita quotidiana. Diversa, però, non in senso negativo; non mi sono mai sentita infelice o inaccettata, sentivo che la felicità dipendesse unicamente da me stessa e di conseguenza che io fossi l’unica responsabile di essa.

Non appena ho messo piede in Repubblica Dominicana, per la prima volta ho avuto l’impressione di essere circondata da miei simili e mi sono accorta che una realtà che credevo utopica esiste davvero. Mi sono sentita come una bambina che scopre che il principe azzurro non è frutto di sogni e immaginazione. Ho trovato persone che portano dentro una felicità ed una gioia di vivere intrinseche; ho avuto la conferma concreta e tangibile che la felicità non ci viene conferita da cause o agenti esterni, ma che siamo noi gli unici a doverla trovare dentro noi stessi, indipendentemente da ciò che ci circonda.

Ho visto la gioia brillare negli occhi di ragazzi che hanno passato l’infanzia nel fango, nell’insicurezza, nella paura di non essere amati, una paura che ancora li accompagna ma che non toglie loro il sorriso. Sono stata investita da una purezza di sentimenti che inizialmente mi ha lasciata inebetita e presa alla sprovvista. Avevo paura di non possedere mezzi sufficienti per affrontare una simile grandezza d’animo, mi sentivo povera; eppure mi sono lasciata trascinare, avvolgere e inebriare da tanta gioia di vivere.

Non ho mai avuto paura di essere me stessa, però a Roma l’ho sempre vista come una sfida da superare, una sfida contro giudizi e pregiudizi gratuiti, dovuti alla paura del diverso. In NPH, invece, non ho avuto bisogno di provocare nessuno con il mio modo di essere, dal momento che una persona è accolta per quello che è e non per quello che appare. Non ho notato la competizione che caratterizza la nostra società, una competizione malsana, basata sull’esaltazione del singolo mediante l’annullamento degli altri.  Ho trovato una competizione benefica per la comunità, fondata sul miglioramento degli individui mediante la condivisione di saperi e abilità. “Non so chi di noi due sia migliore”, ha detto Fausto parlando di pittura, ”però io insegno a lui quello che non sa e lui a me quello che non so, così adesso sappiamo dipingere entrambi sia i paesaggi che i volti delle persone ”. Di conseguenza si ottiene l’effetto— sbalorditivo al primo impatto— che tutti sappiano fare tutto. Non esistono la paura del confronto o l’egoismo: il poco che si possiede viene condiviso. Più volte, con estremo disagio da parte mia, mi sono vista offrire cibo da ragazzi che sono stati abbandonati dai genitori perché non se li potevano permettere, che quindi godono di mezzi estremamente limitati rispetto ai miei, ma che possiedono una ricchezza spirituale inequiparabile.

Potrei scrivere per ore, sviscerando in ogni modo possibile lo spirito di queste persone, senza comunque riuscire a rendere l’idea. Ho conosciuto la spontaneità più totale e la genuinità. Genuinità. È forse su questa parola che mi sono fermata a riflettere di più.

Per due settimane ho dimenticato tutta la corruzione e l’artefazione della nostra società; tutto ciò che mi circondava era nella sua forma più pura, dal sapore della frutta ai sentimenti più profondi. Mi sono accorta di come purezza sia sinonimo di vita. Più una cosa è pura e genuina più ci sembra che non possa morire mai. Ero circondata da così tanta vita che ogni momento mi sembrava eterno e faceva sentire eterna anche me. Potrebbe sembrare un paradosso il fatto che un mondo in apparenza così misero ed in cui la morte— come fatto in sé— è presente in misura molto elevata trasmetta in realtà molta più vita della realtà a cui siamo abituati noi.

Noi viviamo nella sicurezza, è vero, ma perché siamo assaliti da una paura del dolore e della morte che non riusciamo ad ammettere. Siamo costretti ad indossare maschere di forza e di sicurezza per non mostrarci deboli come siamo tutti in realtà.  Come l’uomo è in quanto uomo. Indossando queste maschere impediamo alla vita di impossessarsi di noi, facendoci agire secondo natura e secondo i nostri impulsi. Abbiamo paura di perdere il controllo. Mi sono trovata davanti ad una cultura che non indossa maschere, che non ha paura a mostrarsi nella sua vera essenza, nella sua povertà e nel suo dolore. Eppure facendo vedere chi realmente si è, senza nascondere passato e difficoltà, si riesce ad aver presenti quali sono gli ostacoli da superare e tutto sembra possibile. I sorrisi che ho visto non erano privi di dolore e nemmeno tentavano di celarlo. Sono proprio i sorrisi l’arma straordinaria di questa gente contro dolori e difficoltà. È un gioco a carte scoperte, nel quale nessun giocatore teme di mostrare i punti deboli e quelli di forza. Ho imparato che problemi e sofferenza non precludono  la possibilità di essere felici.

Ho visto il futuro brillare negli occhi dei ragazzi. Ho visto giovani cresciuti nello sfruttamento iscritti ora in facoltà di medicina, altri sognare di diventare ingegneri o architetti, altri ancora calciatori pieni di soldi e circondati da donne bellissime. Nessuno di loro rinnega le proprie origini, temendo di essere non accettato, e tutti credono fermamente, nonostante tutto, di poter diventare qualcuno.

Adesso torno spaesata, critica nei confronti della società, ma felice e desiderosa di portare in questa realtà così sciapa un po’ del sale e dei sapori così forti che ho trovato lì. Sono grata ad ognuno dei 240  fratelli di avermi donato con ogni sorriso, ogni bacio, ogni carezza, una ricchezza ed un amore per la vita che spero mi accompagnino per sempre."

Serenella, 56 anni

 

"Sono appena tornata dal campus nella Casa NPH Santa Ana in Repubblica Domenicana. Sono rimasta colpita dalla fraternità che unisce tutti quei ragazzi, senso di aiuto e responsabilità l’uno verso l’altro. Ho visto bambini sereni, giovani consapevoli e riconoscenti di quanto ricevono da NPH.

Le case sono confortevoli e ben attrezzate, tutti hanno un letto, i pasti assicurati, bagno, vestiti, giochi e la scuola per ogni età, ma soprattutto tanto amore da chi li aiuta, le tia sono gentilissime e coccolone come una mamma, e nello stesso tempo fanno rispettare i vari ruoli e i lavoretti che ognuno deve svolgere nella propria casetta. Il direttore e la sua famiglia sono meravigliosi, conoscono tutti i ragazzi e non mancano mai di chiedere come va, ogni volta che li incontrano. E’ stato bellissimo assistere alla festa della consegna dei diplomi a molti giovani, non solo di quelli che vivono dentro NPH ma anche quelli che hanno la possibilità di andare  a scuola grazie a NPH e vivono con le loro famiglie al di fuori, vedere i familiari orgogliosi di questi figli che hanno avuto la possibilità di studiare e di conseguenza avere un futuro migliore. Bellissimo!

Quello che si respira dentro alla casa Santa Ana è amore, fiducia e rispetto, valori che da noi non è facile trovare tra i giovani e neanche tra adulti.

Sono contenta di sostenere come posso NPH e di cercare altri sostenitori, è veramente un’organizzazione meravigliosa che fa veramente tutto seriamente."

 

Veronica, 16 anni

 

"Prima di partire ero emozionantissima, curiosa ma allo stesso tempo spaventata all’idea di cosa avrei trovato.

Vivo una vita in cui l’acqua potabile si da per scontata, il cibo si da per scontato e qualche volta anche l’affetto si da per scontato e questo viaggio mi ha insegnato che ogni piccola cosa, ogni piccolo gesto vale oro ma mi è bastato vedere il sorriso sui volti dei bambini, che ogni minima paura è scomparsa nel nulla e il cuore si è aperto.

L’impatto con la povertà è stato innegabilmente forte. Dal pulmino vedevo solo case distrutte, bimbi nudi che correvano per la strada, macerie. Mi ha colpito perché era la prima volta, il primo viaggio in cui sono scesa “dal piedistallo” e mi sono resa conto di cosa sia veramente la vita, che non tutti hanno la fortuna di vivere una vita privilegiata come la mia.

Appena entrata nella Casa NPH Santa Ana ho subito avvertito un’energia positiva e l’ambiente era così semplice e accogliente che mi sono sentita subito come a casa.

La prima volta che ho conosciuto i bimbi ero un po' spaesata, non ne avevo mai visti così tanti insieme e ti tiravano da tutte le parti senza neanche conoscerti. Nonostante ciò, la loro vitalità e i loro sorrisi hanno cancellato completamente la mia stanchezza dovuta alle dieci ore di volo.

Mi sono bastate neanche 24 ore per innamorarmi del loro stile di vita basato sulla semplicità, sull'amore e sulla solidarietà, mentre dove vivo io, mi ritrovo spesso circondata da egoismo, indifferenza, pregiudizi e superficialità.

Le attività giornaliere mi hanno reso una ragazza più in gamba, abile e indipendente, mentre i pomeriggi passati con i bimbi mi hanno reso una ragazza ancora più sensibile, più altruista e soprattutto mi hanno resa degna del mio nome Hiromi ossia "bella dal cuore grande”.

 

Una persona che mi ha colpito particolarmente è stata Thomas, un ragazzo di 25 anni con l’X fragile. Inizialmente, la sua insistenza e la sua ricerca costante di contatto fisico un pochino mi spaventava, ma con il tempo ho avuto modo di conoscere un eccellente giocatore di football, un ragazzo che vive nel suo mondo (sicuramente meglio del nostro) e con un cuore tenero.

Tra tutte le volontarie si è affezionato particolarmente a me, dichiarando il suo amore per me a tutti (nonni compresi) e invitandomi a cena, tanto che suo nonno ha voluto conoscermi.

Conoscere Vern, un signore americano responsabile dell'impianto idrico della struttura, è stato uno dei momenti che mi ha emozionata di più. Si é presentato ringraziandomi di cuore e dicendomi che quando Thomas dichiara il suo amore è perché ne ha ricevuto altrettanto e mi ringraziava per tutto l’affetto e il tempo che ho dedicato a suo figlio. Mi sono emozionata perché mi sono resa conto che con dei gesti così semplici e così scontati, si può amare. Più Vern mi ringraziava o si complimentava, più io mi sentivo una persona migliore, una ragazza dal cuore grande.

Vern ha voluto raccontarmi la storia di Thomas che mi ha profondamente commossa. Non conoscevo il suo passato prima ma posso dire di aver conosciuto un guerriero, un bimbo sopravvissuto per miracolo all’età di 4 mesi.

In seguito Vern ha voluto mostrarmi la purificazione dell’acqua e mi ha parlato di un suo progetto per fare arrivare l’acqua direttamente in cucina e a scuola. Mi ha invitata a partecipare ed è quello che ho intenzione di fare."

 

Volontari in panetteria

Il gruppo durante i laboratori: pittura, orto, cucina

La preparazione della pizza per tutti bambini e ragazzi della Casa

La gita al mare

 

Contattateci subito per prenotare il vostro posto per i campus di Natale! Per maggiori informazioni e per partecipare: 02.54122917, chiara.delmiglio@nph-italia.org

 

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Canale Notizie - 22-06-2015 - Segnala a un amico


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